

Bene, adesso prima di iniziare a leggere, riempitevi un bel calice di vino, selezionate la vostra opera classica preferita e sognate con me, perchè da questo momento in poi cercherò di farvi innamorare della bevanda più preziosa del mondo e vi racconterò questa storia con la stessa delicatezza del suono di un pianoforte, perchè questa storia, per essere ben compresa, ha bisogno solo di un pò di amore. Iniziamo con un brindisi al Gargano. Quanto ardore nel pronunciare questa parola, non credete? Acerba come una arancia appena raccolta e possente come il mare che bagna le sue coste, ecco appunto; il mare, io vengo da lì, come Merinum.
Merinum, lì dove nacque il vino e lì dove nacque il culto della mamma di tutti i viestani, Santa Maria di Merino. Con il mare a bagnarle i piedi e le fertili campagne a farle da scudo, questa terra fu da sempre contesa. Voluta dai romani, saccheggiata dai saraceni e diventata poi sede vescovile e rifugio del Papa Celestino V. Oggi ci troviamo una chiesetta costruita sui resti di un’antica villa romana, che apparentemente sembrerebbe come tutte le altre, ma che in realtà, quella chiesetta racchiude una parte della storia viestana. Ma ciò che più mi incanta di questo posto, così misterioso e affascinante è l’arte che ebbero i suoi abitanti i marinensi nel fare il vino.
I greci furono i primi a sperimentare nuove tecniche sulla creazione del vino, tramandandole poi ai romani che amavano moltissimo i vini rossi invecchiati, ricchi di sapore e di corpo, infatti, proprio fuori alla chiesetta ci sono delle piccole vasche emisferiche, costruite sotto una pineta di pino d’aleppo, adesso vi chiederete: cosa ci facevano con queste vasche? Ci facevano il vino. Lasciavano cadere la pece dei pini all’interno, affinchè aiutasse il mosto in fermentazione a non entrare in contatto con l’ossigeno, che molto probabilmente, così come facevano i greci, l’aromatizzavano con la resina di pino d’Aleppo, in modo da creare un velo protettivo, in quanto le anfore dove il vino veniva poi conservato, non erano sigillate. Questa è un’antica tecnica greca, la Retsina, tutt’oggi utilizzata dagli ateniesi soprattutto nei vini bianchi e rosati. Pensate a quanti secoli sono passati da allora, di sicuro non sarà il tempo a cancellare la nostra storia se noi la ricorderemo. Questo posto non può restare in silenzio, Vieste è la mia casa e i marinensi sono i miei avi, costretti ad abbandonare la loro terra, intorno al X secolo si rifugiarono a Vieste. ma il popolo di Merino non ha scritto la parola fine alla propria storia portando con sé la memoria e la devozione per la Madonna di Merino, fecero a Vieste il più grande dei doni. La storia della propria terra, non dev’essere mai dimenticata, e le Cantine Merinum attraverso il vino, non smetteranno mai di raccontarle.
Foto di copertina by Nicola Santoro dal sito http://www.comitatosantamariadimerino.it/